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Introduzione

Edizione 2024

Viviamo una fase difficile e carica di incognite nelle relazioni internazionali: è ormai lontana l’epoca della Great Moderation – il periodo, a cavallo dei due secoli, caratterizzato nei Paesi avanzati da inflazione bassa e crescita stabile del reddito – che è stata bruscamente interrotta dalla drammatica crisi, prima finanziaria e poi reale, innescata nel 2007-2008 dallo scoppio della bolla immobiliare americana. E appare in arretramento la stessa (terza) globalizzazione – segnata a suo tempo da una crescita impetuosa non solo degli scambi internazionali di merci ma anche degli scambi di beni intermedi e servizi nell’ambito delle catene globali del valore – che ha subito, in successione ravvicinata, l’impatto dello shock pandemico e dell’interruzione delle relazioni di fornitura lungo le filiere produttive internazionali, le conseguenze economiche dell’invasione russa dell’Ucraina e dell’incancrenirsi della guerra, gli effetti – ancora da valutare nella loro portata – del riacutizzarsi drammatico della crisi mediorientale. 

In questo scenario sono entrate in sofferenza anche le speranze aperte dalla nuova centralità che il Mediterraneo è andato riacquistando negli ultimi anni nei flussi del commercio mondiale grazie al raddoppio del Canale di Suez e alla propria posizione peculiare di punto di incontro tra i mercati dell’Atlantico e del Nord-Europa da una parte e quelli di Asia e Africa dall’altra. Per un verso la tragedia mediorientale porta con sé, oltre ai terribili costi umani, rischi di interruzione delle comunicazioni per via di terra e di mare in un’area nevralgica dell’interscambio Est-Ovest. Per altro verso, la drammatica frattura bellica nel seno stesso dell’Europa sta determinando un allontanamento politico ed economico tra Occidente e mondo asiatico, un allontanamento che porta con sé il rischio di una polarizzazione in blocchi contrapposti e di una nuova guerra fredda da giocarsi in termini di sfere di influenza economica e politica sulle aree meno sviluppate del Mondo, in particolare Africa e America Latina.

E’ interesse vitale dell’Unione Europea che non sia questo il destino che ci attende: solo un mondo di relazioni economiche aperte e con esse di interscambi non solo commerciali ma culturali e politici tra Paesi diversi può costituire il quadro entro il quale i valori di democrazia e progresso sociale che ispirano la costruzione europea possono prosperare nella stessa Europa e fornire un punto di riferimento anche al di fuori dei suoi confini. 

Serve per questo che l’Unione sappia dispiegare una sua autonoma capacità d’iniziativa politica facendo leva sul peso che la sua economia – in quanto integrata e non espressione di singole nazioni – ha nello scenario internazionale.  E sappia dotarsi, con riferimento al Mediterraneo dove si intrecciano i fili di tante catene globali del valore, di una strategia centrata su due assi fondamentali: la tessitura di una interazione economica tra Occidente e Oriente che, per non subire l’iniziativa cinese, coinvolga nei nuovi flussi commerciali e di investimento l’insieme dei Paesi asiatici, a cominciare dall’India; la costruzione di una presenza economica e politica forte in Africa attraverso massicci investimenti a sostegno dello sviluppo di quel continente.

Per posizione geografica, per relazioni economiche e per tradizione culturale, l’Italia e il suo Mezzogiorno costituiscono per l’Europa la porta principale aperta sul Mediterraneo e dunque lo snodo fondamentale affinché una simile iniziativa dell’Unione possa svilupparsi. E anche per questo è interesse nazionale del nostro Paese un Meridione che irrobustisca la propria infrastrutturazione e la propria base produttiva per diventare realmente la piattaforma per la proiezione dell’Europa nel Mediterraneo.

E’ appunto alle politiche necessarie a ridare fiato al Mezzogiorno e a renderlo protagonista di una strategia europea che sappia interagire con i nuovi centri dello sviluppo mondiale, che è dedicato quest’anno l’appuntamento di Agenda Sud 2030 a Gallerie d’Italia a Napoli. Al centro della due giorni saranno così: le politiche di coesione e le trasformazioni nella loro governance in raccordo con NGEU e con la strategia europea (appena nata) del Global Gateway; il ruolo delle reti energetiche e di trasporto e logistica per fare del Mezzogiorno il centro di intersezione di rilevanti filiere economiche internazionali; la struttura produttiva meridionale, le sue potenzialità, le politiche industriali e infrastrutturali (in particolare nel settore idrico e nelle reti urbane) necessarie alla sua crescita. 

Per il Mediterraneo, e quindi per l’Italia e per il suo Mezzogiorno, passa sotto molti aspetti la capacità dell’Unione Europea di portare l’Occidente tutto – al di là della drammatica strettoia in cui siamo immersi – a raccogliere in positivo la sfida che viene dai Paesi emergenti per investire su relazioni economiche che siano reciprocamente aperte e per porre a disposizione dei Paesi più poveri risorse e tecnologie essenziali per il loro sviluppo.