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Le infrastrutture: trasporti, logistica, territorio

Edizione 2024

Position paper a cura di Mario Rosario Mazzola e Francesco Tavassi

Premessa

Diciamo spesso che il Meridione d’Italia, con la sua posizione al centro del Mediterraneo, può diventare una piattaforma logistica e produttiva decisiva per la proiezione dell’Europa nello scenario economico mondiale che sta tormentatamente riconfigurandosi. Ma affinché il Mezzogiorno possa svolgere questo ruolo è necessario un salto di qualità e quantità delle sue reti infrastrutturali, da quelle energetiche e idriche di cui si è parlato nella sessione precedente, a quelle di trasporto e logistica e all’assetto del territorio. 

Scontiamo qui gli effetti del declino degli investimenti pubblici negli ultimi tre decenni: una dotazione di rete ferroviaria ordinaria in rapporto alla popolazione inferiore al Sud come, in questo caso, anche al Centro-Nord rispetto alla media europea (circa 70 a 100); ma una pesante sottodotazione, al contrario del Centro-Nord, con riferimento all’alta velocità; una sottodotazione autostradale rispetto alla media UE in ambedue le macroaree, ma più accentuata nel Meridione; un indice di competitività infrastrutturale regionale che vede le regioni meridionali in coda alla graduatoria europea. 

Il PNRR è naturalmente un’occasione di svolta straordinaria che non va sprecata, ma non di solo PNRR è fatto il percorso che le infrastrutture meridionali devono percorrere nei prossimi anni: è necessaria una ripresa a regime delle voci ordinarie di investimento nel bilancio pubblico ed è necessario aumentare l’efficacia nell’utilizzo dei Fondi strutturali europei e del Fondo sviluppo e coesione, coordinandone la programmazione e l’attuazione con il PNRR e con le risorse ordinarie di bilancio. 

Per questo, è essenziale la messa a punto di una governance adeguata delle politiche di sviluppo – tema su cui ci siamo soffermati nella sessione di apertura – una governance che deve vedere una presa di responsabilità del Governo nazionale per quanto riguarda l’impostazione e la coerenza della politica di investimenti e la cura della sua execution, in un dialogo costruttivo ma forte con le amministrazioni regionali e locali. Ed è necessario, anche per dare coerenza alla governance stessa, definire una politica di infrastrutturazione coerente col tessuto produttivo del Mezzogiorno e del Paese e con la proiezione dell’Italia e dell’Europa nel Mediterraneo e con gli obiettivi della road map europea per la decarbonizzazione e transizione verde.

Le infrastrutture portuali come catalizzatori di sviluppo

In primo luogo valorizzando il ruolo dei porti meridionali come porti gateway e come porti di transhipment volti a intercettare il traffico merci che sulle rotte Est-Ovest è andato incrementandosi notevolmente dopo il raddoppio del Canale di Suez e, a condizione trovi soluzione la crisi sullo scenario mediorientale, continuerà a incrementarsi nei prossimi anni. Si tratta qui di intervenire con importanti investimenti di adeguamento e potenziamento delle infrastrutture che migliorino l’accessibilità marittima dei porti, sostengano le attività terminalistiche e retroportuali, superino i colli di bottiglia a monte assicurando i collegamenti agli interporti – che fungono da hub per lo smistamento delle merci e consentono di decongestionare i porti – e alle reti nazionali ferroviarie e stradali.

L’istituzione delle Zone economiche speciali (ZES) con il Decreto legge Mezzogiorno del giugno 2017 rispondeva a questa esigenza con un disegno di politica industriale centrato sul rafforzamento della competitività di specifiche aree industriali del Mezzogiorno attorno ai porti di interesse europeo, volta a consentire alle imprese operanti in tali territori di posizionarsi lungo le catene internazionali del valore e a costituire un volano infrastrutturale e logistico anche per le attività nei territori circostanti: l’idea era quella di fare leva sul legame strategico tra porti, logistica, industria attraverso una combinazione di semplificazioni amministrative, di agevolazioni economiche, di investimenti nelle infrastrutture. 

L’attuazione di questo disegno ha incontrato difficoltà e lentezze, nonché incoerenze realizzative da parte di alcune Regioni, che ne hanno limitato l’efficacia. Tutto ciò ha condotto alla sostituzione, con il Decreto del settembre 2023, delle otto ZES originarie con la ZES unica che ha esteso a tutto il Mezzogiorno gli strumenti di semplificazione e agevolativi previsti e ha centralizzato la governance in una struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio. La modifica introdotta ha il pregio di facilitare un disegno coordinato e coerente degli interventi ma porta con sé due rischi: il primo è quello di caricare la struttura centrale di una mole di autorizzazioni che potrebbe non essere in grado di gestire in misura rapida ed efficiente; il secondo è quello che vada perduto il senso di politica industriale che aveva la concentrazione in alcune aree di investimenti ingenti pubblici e privati al fine di farle diventare catalizzatori di sviluppo per l’insieme più ampio del territorio.

La risposta al primo rischio passa per la qualità ed efficienza della struttura di missione centrale e per la delimitazione delle autorizzazioni in capo ad essa agli investimenti di maggior caratura strategica e consistenza quantitativa, demandando a strutture decentrate come le Autorità portuali le procedure autorizzative per gli investimenti di minori dimensioni.

La risposta al secondo rischio passa per la capacità del Piano strategico della ZES unica di individuare nei porti di interesse europeo, e nelle infrastrutture di trasporto e logistica connesse, gli snodi focali di una strategia che voglia innescare processi di sviluppo più ampi per l’insieme del Mezzogiorno. E quindi di concentrarvi gli investimenti infrastrutturali necessari e di spingere le imprese private a farvi massa critica utilizzando gli strumenti agevolativi.

L’intermodalità ferro-strada-mare

Ma, per quanto importante, quanto detto fin qui non basta per consentire al Mezzogiorno di svolgere il ruolo di piattaforma logistica e produttiva d’Europa nel centro del Mediterraneo. Sono essenziali i grandi assi infrastrutturali ferroviari e stradali cui gli stessi porti e interporti andranno collegati e, in parallelo, i collegamenti via mare in un sistema complessivo di intermodalità che, in coerenza con gli obiettivi della transizione verde e al di là delle forzature ideologiche che la indeboliscono, inserisca pienamente il Meridione nelle interconessioni che devono percorrere tutto il Paese e lo devono collegare agli altri Paesi europei. Una intermodalità come si usa dire “intelligente”, nel senso di fare affidamento non solo sulla dotazione di infrastrutture fisiche ma anche sugli sviluppi delle tecnologie digitali per un governo razionale ed efficiente degli interscambi.

Giustamente il PNRR ha dedicato agli investimenti sui grandi assi ferroviari una quota significativa di risorse e continua a dedicarle, pur tra le revisioni e rimodulazioni operate in connessione con l’utilizzo dei fondi di coesione: certo però è essenziale che si riesca finalmente ad accelerare le procedure autorizzative – e non solo di quelle di più ampia portata ma anche se non soprattutto di quelle connesse ai singoli interventi attuativi – e a sbloccare le gare per l’assegnazione dei lavori. 

Ed è essenziale che agli investimenti ferroviari del PNRR si accompagnino investimenti con fondi nazionali (per esempio FSC) sulla rete stradale, sugli snodi di scambio intermodale ferro-gomma, sulle infrastrutture stradali necessarie a convogliare sui porti il traffico merci su gomma di lunga distanza, valorizzando la specializzazione Ro-Ro dei porti italiani e in particolare meridionali, in modo da affiancare finalmente con le cosiddette “autostrade del mare” gli assi Nord-Sud ferroviari e stradali. Ne deriverebbero importanti effetti di decongestionamento, di riconversione del traffico su gomma alla prevalenza della breve e media distanza, di riduzione delle emissioni e dell’inquinamento. 

Con la notazione ulteriore che per il Sud è anche fondamentale che nel Centro-Nord si realizzino e si completino le opere necessarie a connettere l’Italia con gli altri Paesi europei, come i valichi ferroviari e stradali della catena alpina, gli assi ferroviari tirrenico e adriatico, i connessi corridoi merci europei Nord-Sud ed Est-Ovest, compresi la Torino-Lione e il tunnel del Brennero. In altri termini, gli investimenti infrastrutturali nel Centro-Nord e nei collegamenti con l’Europa sono essenziali per le stesse prospettive di sviluppo del Mezzogiorno e affinché esso possa svolgere il ruolo di piattaforma logistica e produttiva dell’Europa nel Mediterraneo.

Logistica e trasporto urbano

Per quanto riguarda l’organizzazione del trasporto in ambito urbano, il ruolo chiave spetta alle infrastrutture di interscambio che promuovano la piccola intermodalità, rispettivamente di passeggeri o merci, attraverso l’utilizzo di veicoli a emissioni basse o nulle; e che rendano disponibili carburanti e fonti energetiche diverse, con particolare attenzione al rifornimento di elettricità. Un esempio interessante di modello progettuale di intermodalità urbana è l’Accordo di Programma tra Regione Campania e Comune di Napoli con Rfi e Fs per la realizzazione del “Nodo Intermodale complesso di Napoli Garibaldi-Porta Est e per la Rigenerazione urbana delle aree ferroviarie”, riguardante la stazione Fs di Napoli Centrale. 

Anche a seguito della pandemia, si è avuta una notevole accelerazione del trend, già in atto, di creazione, in alcune aree delle grandi città, di hub di dimensioni ridotte, al chiuso (urban warehouse) oppure a raso, destinati a smistare le merci in orari prestabiliti, da dove poi potranno partire le consegne con mezzi elettrici, estremamente “leggeri” come i cargo scooter e le cargo bike. La pandemia e le sue limitazioni hanno imposto la veloce e capillare consegna di beni di prima necessità, anche deperibili, e di largo consumo, e hanno così impresso una generale, ed epocale, accelerata all’adesione al commercio online che si è ormai consolidata e mostra una tendenza all’ulteriore sviluppo. Se a questo dato si somma quello dell’impennata della domanda di consegna same day, l’accorciamento e la velocizzazione della fase last mile sono la priorità assoluta della logistica distributiva. Una priorità nell’ambito della quale le istanze economiche e quelle ecologiche sono virtuosamente intrecciate tra di loro.

La gestione di tale intreccio richiede l’elaborazione del più avanzato paradigma di city logistics in chiave eco-eco: vale a dire l’ottimizzazione economica-ecologica dei processi di consegna e ritiro-reso nei centri abitati. L’efficientamento delle rotte, la rapida conversione delle flotte, la capillarità e puntualità assoluta nell’assolvimento del servizio di consegna a domicilio possono rappresentare un netto miglioramento sia in termini di sostenibilità economica, per gli operatori della supply chain, ma anche in termini di ridimensionamento delle esternalità negative per il tessuto urbano, come la congestione della mobilità e, naturalmente, le emissioni di CO2. 

La digitalizzazione ha un ruolo chiave in queste trasformazioni. Grazie ad essa i flussi di informazione possono essere utilizzati in maniera completa e bidirezionale, dagli utenti ai decisori e gestori di servizi e viceversa, per minimizzare gli impatti avversi del trasporto. 

È il governo di questi processi in ambito urbano e territoriale che è saggio considerare di prioritaria competenza degli Enti Locali e delle Regioni in particolare per le ricadute dell’attività logistica che hanno impatti diretti sui territori.