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Logistica e mobilità sostenibile

Edizione 2023

Position paper a cura di Giuseppe Coco e Francesco Tavassi

Premessa

Lo sviluppo delle infrastrutture e dei trasporti per la mobilità delle persone e la movimentazione delle merci, contribuisce in maniera sostanziale alla Coesione del nostro Paese: il divario tra il Nord e il Sud è, in entrambi i casi, tanto clamoroso che il PNRR destina alla voce “Infrastrutture e Trasporti” ben più della quota generale del 40% dei fondi che il Piano nazionale di ripresa e resilienza alloca al Mezzogiorno. Questa strategia si sviluppa coerentemente con gli orientamenti della transizione ecologica verso obiettivi di mobilità e logistica sostenibile.

La strategia complessiva per i Trasporti della Comunità Europea del 1992 (Green Paper on the impact of transports on the environment, 1992) che ha coniato il concetto di mobilità sostenibile, era diretta a contrastare le esternalità derivanti dal trasporto delle persone, principalmente congestione e inquinamento, in una ottica locale. Oggi, in conseguenza della accresciuta coscienza della portata globale di queste esternalità, la mobilità sostenibile ha una più articolata serie di significati e di dimensioni e si è trasformata per tenere conto di problemi e possibilità, tenendo presente il ruolo guida che la Comunità Europea ha deciso di assumersi nel guidare la transizione. 

A livello nazionale, fino al 2021 non esisteva una esplicita strategia di mobilità sostenibile. Alcune città anche del Sud, tra cui Cagliari, Palermo, Bari e Lecce, hanno fatto progressi importanti negli ultimi anni (si veda ad es. Pinna, Masala e Garau (2017) in ‘Sustainability’). Tuttavia, l’Italia rimane il paese in cui la mobilità con auto privata ha senz’altro un peso eccessivo.

Obiettivi europei e strade da percorrere

In questo quadro il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili ha varato, nel 2021, una serie di Piani Strategici per la mobilità sostenibile (tra cui uno di particolare rilievo per le città metropolitane).

Tre sono le modalità principali individuate per il conseguimento della mobilità sostenibile, tutte comuni anche alla logistica distributiva sostenibile:

  1. per ogni modalità di trasporto, attraverso la transizione verso tecnologie e organizzazioni del trasporto a emissioni basse o nulle;
  2. attraverso la traslazione della mobilità verso modalità a più basso impatto, anche investendo in infrastrutture meno impattanti;
  3. attraverso la predisposizione di corretti incentivi all’utilizzo di carburanti e fonti energetiche diverse, così come di infrastrutture e spazi decongestionanti.

L’obiettivo europeo complessivo di una riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 richiede il perseguimento di obiettivi specifici nel settore dei trasporti, tutti da declinare in termini di efficienza. La Strategia e il Piano d’Azione per la Mobilità Sostenibile e Intelligente del 2021 già ne fissavano diversi, a partire da target su veicoli ad emissioni zero, città a impatto climatico zero, traslazione verso modalità di trasporto più sostenibili ed intermodalità.

Per quanto riguarda le modalità del trasporto, la gomma è la modalità prevalente nel generare emissioni ma, secondo le previsioni della Commissione la conversione di questa dovrebbe fornire, negli anni a venire, un contributo importante alla decarbonizzazione, con la elettrificazione e l’utilizzo di carburanti alternativi. Nella movimentazione delle merci, la gomma è ancora considerata assolutamente necessaria, il mezzo più capillare della supply chain.

Nel merito, il Legislatore europeo ha ritenuto di normare la soppressione della produzione di veicoli a combustione endotermica in maniera affine, sia per le automobili che per i veicoli commerciali. Il 14 febbraio 2023 il Parlamento Europeo ha approvato la misura che prevede, dal 2035, il divieto di produrre e vendere automobili con motori a combustione interna. Una misura drastica, che avrà un impatto significativo e asimmetrico sull’industria automobilistica dei diversi Paesi, da accompagnare con iniziative per la riconversione industriale nei territori colpiti, tra cui molti nel Mezzogiorno.

Nel trasporto merci su strada, a partire dal 2000 le emissioni sono state già ridotte di un terzo. La transizione dei veicoli commerciali leggeri è oggi regolata dal dispositivo Euro 7, quella dei mezzi pesanti, camion ma anche bus, da Euro VII. In entrambi i casi, le nuove regole dovranno essere rispettate dal 1°luglio 2027. In vista dell’obiettivo delle Istituzioni europee di ridurre, entro il 2050, l’impatto climatico dei trasporti, il Legislatore comunitario si attende una riduzione del 56% delle emissioni da camion e autobus. Si prefigura per il trasporto pesante, uno dei settori cosiddetti hard to abate, una transizione più lenta ed economicamente difficoltosa, che dovrà puntare probabilmente, più che sull’elettrico, sul passaggio ai biocarburanti e biogas e in prospettiva sperabilmente anche all’idrogeno. Resta da verificare se gli obiettivi fissati siano realisticamente affrontabili dal punto di vista tecnologico ed economico.

Per quanto riguarda l’organizzazione del trasporto in ambito urbano, il ruolo chiave spetta alle infrastrutture di interscambio che promuovano la piccola intermodalità, rispettivamente di passeggeri o merci, attraverso l’utilizzo di veicoli a emissioni basse o nulle; e che rendano disponibili carburanti e fonti energetiche diverse, con particolare attenzione al rifornimento di elettricità. Un recente esempio di un modello progettuale di intermodalità urbana è l’Accordo di Programma tra Regione Campania e Comune di Napoli con Rfi e Fs per la realizzazione del “Nodo Intermodale complesso di Napoli Garibaldi-Porta Est e per la Rigenerazione urbana delle aree ferroviarie”, riguardante la stazione Fs di Napoli Centrale. Il nuovo hub intermodale complesso ferro-gomma-aereo-nave verrà implementato mediante il potenziamento delle infrastrutture esistenti, nel solco dell’obiettivo della rigenerazione di Napoli Est «anche tramite interventi di ricucitura urbana con l’area circostante, il Centro Direzionale e la zona ad est di Napoli», dichiara la Regione.

Anche per quanto riguarda la logistica delle merci, la pandemia da SARS-CoV-2 ha poderosamente accelerato il trend, già in atto, di creazione, in alcune aree delle grandi città, di hub di dimensioni ridotte, al chiuso (urban warehouse) oppure a raso, destinati a smistare le merci in orari prestabiliti, da dove poi potranno partire le consegne con mezzi elettrici, estremamente “leggeri” come i cargo scooter e le cargo bike. La pandemia e le sue limitazioni hanno imposto la veloce e capillare consegna di beni di prima necessità, anche deperibili, e di largo consumo, e hanno così impresso una generale, ed epocale, accelerata all’adesione al commercio online. Se a questo dato si somma quello dell’impennata della domanda di consegna same day, l’accorciamento e la velocizzazione della fase last mile sono la priorità assoluta della logistica distributiva. Una priorità nell’ambito della quale le istanze economiche e quelle ecologiche sono virtuosamente intrecciate tra di loro.

La gestione di tale intreccio richiede l’elaborazione del più avanzato paradigma di city logistics in chiave eco-eco: vale a dire l’ottimizzazione economica-ecologica dei processi di consegna e ritiro-reso nei centri abitati. L’efficientamento delle rotte, la rapida conversione delle flotte, la capillarità e puntualità assoluta nell’assolvimento del servizio di consegna al domicilio possono rappresentare un netto miglioramento sia in termini di sostenibilità economica, per gli operatori della supply chain, ma anche in termini di ridimensionamento delle esternalità negative per il tessuto urbano, come la congestione della mobilità e, naturalmente, le emissioni di CO2. La digitalizzazione ha un ruolo chiave in queste trasformazioni. Grazie ad essa i flussi di informazione possono essere utilizzati in maniera completa e bidirezionale, dagli utenti ai decisori e gestori di servizi e viceversa, per minimizzare gli impatti avversi del trasporto.

Complessivamente, ed anche per effetto della crescita del settore, quello della logistica della consegna merci in ambito cittadino è uno dei comparti in cui l’innovazione può portare a grandi miglioramenti di sostenibilità, si pensi all’utilizzo, ancora sperimentale, dei droni per le consegne (che presenta controversie in termini eco-eco) o la consegna mediante TPL, sperimentata da Amazon.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Il PNRR descrive la transizione nazionale di mobilità e logistica nella Missione 2 (M2C2, nello specifico l’ambito 4: “Sviluppare un trasporto locale più sostenibile”, finanziato con 8,58 mld.) e nella Missione 3 (“Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, finanziata con 25,4 mld.).

L’intervento combina strumenti di regolazione e risorse finanziarie nelle seguenti direzioni:

  1. attraverso la pianificazione integrata delle reti e la creazione di nodi con infrastrutture multiple (Aereo/Treno AV, Porti/Infrastrutture ferro merci) e la programmazione della mobilità a livello di area metropolitana.

Il Mezzogiorno è interessato a questa strategia sotto diversi aspetti in maniera differenziale:

a)         in termini di riduzione dell’inquinamento e della congestione nelle città, nelle quali le infrastrutture di trasporto su ferro sono meno presenti;

b)        per il rilievo sul suo territorio della filiera produttiva di mezzi di trasporto, e degli impatti industriali;

c)         per il ruolo dell’intermodalità nello sviluppo della logistica e portualità meridionali anche attraverso le ZES, le Zone Economiche Speciali;

d)        perché il Mezzogiorno garantisce minori costi e maggiore disponibilità di energie rinnovabili necessarie a generare idrogeno verde. Ciò implica che le numerose iniziative in questo campo, soprattutto in termini di sperimentazione locale, devono di preferenza essere collocate al Sud;

e)         perché gli investimenti ferroviari utili in effetti sono in massima parte collocati al Sud.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destina 270 milioni di euro allo “Sviluppo del sistema portuale”. In termini di sostenibilità degli scali e ridimensionamento delle esternalità negative delle attività legate all’economia del mare, il progetto Green Ports è riservato alle Autorità di sistema portuale (AdSP) del Centro-Nord che non sono state interessate dal Programma di azione e coesione “Infrastrutture e Reti”, che ha finanziato progetti analoghi nelle restanti AdSP del Mezzogiorno. Green Ports mira all’efficientamento energetico e alla promozione di energie rinnovabili negli scali: la previsione è di un abbassamento del 55% entro il 2030 delle emissioni di gas a effetto serra. Gli scali del Mezzogiorno sono interessati all’implementazione, su scala nazionale, della tecnologia di cold ironing, ma l’implementazione del cold ironing non è comunque immediata né priva di controversie (infrastrutture pesanti e costi notevoli). L’efficienza del sistema portuale è necessaria ma, se sganciata dall’implementazione dell’intermodalità, rischia di non risolvere a fondo le criticità legate all’efficienza e alla sostenibilità del settore logistico.  La portualità del Mezzogiorno è caratterizzata dal traffico Ro-Ro, Con-Ro e Ro-Pax, ovvero da una rete di autostrade del mare sostenuta da una flotta traghetti di assoluta importanza.

In Italia il trasporto ferroviario movimenta circa il 10% del totale delle merci in ton-km, servendo soprattutto i collegamenti tra il Nord del Paese e l’Europa. Le ferrovie del Sud movimentano appena il 17% dei treni-km merci prodotti in Italia, con una quota quasi nulla per quanto riguarda i porti. Scontando quindi che nel breve-medio periodo il ferro non è in condizioni di svolgere la funzione di principale veicolo per la decarbonizzazione nel traffico merci, è urgente però in prospettiva rafforzare consistentemente le linee di collegamento con gli interporti e con il sistema ferroviario, in particolare con terminal ferroviari che arrivano all’interno dell’area portuale.

Alle Zone Economiche Speciali il PNRR destina 630 milioni, nell’ambito della Missione 5 Componente 3, dedicata agli interventi speciali per la coesione territoriale. Si tratta in gran parte di misure infrastrutturali e per l’intermodalità oltre che per il finanziamento del credito d’imposta. Dopo una partenza faticosa il sistema ZES sembra essersi messo in moto soprattutto per effetto delle novità in materia di governance, con gli ampi poteri conferiti ai Commissari Straordinari. Tuttavia la performance del sistema va valutata in termini di capacità di messa a terra degli investimenti pubblici e soprattutto degli investimenti di grande dimensione.

Infine, la Missione 3, Componente 2, sostiene la digitalizzazione della logistica come nuovo orizzonte, immateriale, dell’intermodalità e dell’integrazione. La dematerializzazione di documenti e procedure richiede un vigoroso impegno da parte della Pubblica Amministrazione preposta: dalla effettiva realizzazione dello Sportello Unico dei Controlli, che permetterà l’interoperabilità con le banche dati nazionali e il coordinamento delle attività di controllo da parte delle dogane, all’utilizzo delle tecnologie cloud (come avviene ad esempio già nel porto di Amburgo, primo porto smart d’Europa) per ottimizzare tempi e processi della movimentazione delle merci.